Il suo governo sempre più dittatoriale e corrotto ha portato il paese, ricco di risorse minerarie, alla rovina. Il tasso di disoccupazione arriva al 90% e la speranza di vita si aggira intorno ai 53 anni. Nei suoi lussuosi compleanni portate a base di animali in via di estinzione.

 

Robert Mugabe ha 93 anni e da 37 era al potere senza interruzioni. Il 16 novembre, però, pur non avendolo formalmente destituito per paura delle reazioni del resto dell’Africa, dove i colpi di stato militare non sono più graditi, l’esercito ha assunto il controllo del paese per cacciare i “criminali” che circondano il presidente dello Zimbabwe.

L’obiettivo dei generali è in realtà più circoscritto. L’esercito vuole infatti colpire Grace Mugabe, moglie del presidente, donna astuta di 52 anni, soprannominata “First shopper”, “Gucci Grace” o più semplicemente “DisGrace”. Grace avrebbe tramato per prendere il posto del marito convincendolo ad allontanare il vicepresidente che doveva sostituirlo a tempo debito.

Per l’esercito è stato l’ultimo affronto, e ora i militari cercano di ottenere da Mugabe dimissioni che però il presidente continua a negare, sostenendo che tocca agli elettori decidere attraverso le elezioni presidenziali del 2018, a cui naturalmente intende candidarsi.

Bianchi contro neri
È uno spettacolo patetico, il lento e doloroso naufragio di un uomo che per tanto tempo è stato un eroe dell’Africa, applaudito e riverito in tutto il mondo quasi quanto Nelson Mandela.

Lo Zimbabwe è l’ex Rhodesia, colonia britannica dalla fiorente agricoltura di cui i proprietari terrieri, bianchi, avevano dichiarato l’indipendenza nel 1965, per poi conservare il controllo del paese contro la maggioranza nera. Sotto la guida di uno di loro, Ian Smith, i bianchi rhodesiani speravano di resistere al movimento di decolonizzazione utilizzandolo per trarne profitto.

Il potere assoluto corrompe in modo assoluto

Non era più la potenza contro la colonia, ma direttamente i bianchi contro i neri, in una battaglia in cui Londra prese le parti della maggioranza nera. Poteva finire in un bagno di sangue, ma il capofila degli indipendentisti, Robert Mugabe, riuscì a negoziare con i bianchi più realisti, promettendo una piena cittadinanza per tutti in cambio di una transizione pacifica. Era il 1980, 37 anni fa.

Ma il potere assoluto corrompe in modo assoluto, e quest’uomo saggio ha finito col perdere la testa. Mugabe è diventato un dittatore. Quando un leader sindacalista nero, Morgan Tsvangirai, si è alleato con i grandi proprietari bianchi per contrastarlo alle urne, Mugabe ha espropriato le fattorie bianche e brutalmente represso i suoi oppositori politici e sindacali.

 

La vita – Nato il 21 febbraio 1924, Mugabe è stato educato dai gesuiti, ha studiato in varie università africane ed ha insegnato in un liceo del Ghana, dove conobbe la prima moglie Sally Hafron. Nel 1960 ritornò in quella che allora era la Rhodesia coloniale, diventando uno dei protagonisti della lotta per l’indipendenza e i diritti della maggioranza nera. Condannato nel 1964 a dieci anni di carcere, fu poi rilasciato e riparò in Mozambico dove diventò il capo dell’ala paramilitare del partito Zanu (Unione del Popolo Africano dello Zimbabwe) e poi capo dell’intera formazione politica.

Nel 1980, Mugabe vinse le prime elezioni dopo la fine del regime bianco di Smith e diventò primo ministro. Da allora ha sempre guidato il paese, di cui è diventato presidente nel 1987. Fra i suoi successi vi è la creazione di un sistema d’istruzione che ha ridotto l’analfabetismo al 10%, ma il suo governo sempre più dittatoriale e corrotto ha progressivamente portato il paese, ricco di risorse minerarie, alla rovina economica. A distruggere l’economia hanno contributo il costoso intervento nella guerra civile nella Repubblica democratica del Congo (1998-2002) e la disastrosa riforma agraria varata nel 2000. Quell’anno, Mugabe fu sconfitto nel referendum sulla nuova costituzione da lui voluta, grazie all’azione di un nuovo partito d’opposizione guidato da Morgan Tsvangirai.

Fra il 2008 e il 2009, mentre la zecca continuava a stampare nuova moneta, il paese è precipitato in una spirale di iper inflazione con il pane che costava milioni di dollari dello Zimbabwe. La crisi è stata tamponata usando il dollaro americano come valuta. Ma il paese non si è mai risollevato e in tanti sono emigrati nei paesi vicini. Il tasso di disoccupazione è attorno al 90%, l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà. La speranza di vita, a causa anche della diffusa piaga dell’Aids, è di 54 anni per gli uomini e 53 per le donne.

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